Fin dai suoi inizi la Congregazione Salesiana è stata conosciuta e apprezzata per i suoi Centri di Formazione Professionale, attraverso i quali si offriva ai giovani più poveri, quelli che sovente fin da piccoli dovevano lavorare per aiutare la famiglia o quelli che non riuscivano a seguire il percorso scolastico normale, una formazione umana e una preparazione per il lavoro di qualità, che permetteva loro di affrontare con fiducia e responsabilità il loro futuro (Don Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore, 2010).
Fin dall’anno 1853, don Bosco aveva organizzato, in una stanzetta della prima istituzione assistenziale-educativa fondata a Torino, un modesto laboratorio per giovani calzolai.
La decisione di allestire a Valdocco un laboratorio di calzolai intendeva essere una risposta d’urgenza ai bisogni dei giovani “poveri e pericolanti” arrivati dalle campagne nella capitale del Piemonte alla ricerca di un lavoro. L’iniziativa di don Bosco si innestava senza difficoltà nelle esperienze personali che egli stesso raccontò nelle Memorie dell’Oratorio. Basti accennare qui ad alcuni fatti ben noti: da ragazzo partecipa ai lavori agricoli nella campagna familiare; studente a Chieri è apprendista sarto nella casa di Roberto Giovanni, “caffetiere e liquorista” nella pensione di Giovanni Pianta. Ordinato sacerdote e iniziato il suo lavoro pastorale (1841-1843), entra in contatto con garzoni muratori, stuccatori, selciatori che frequentano il suo Oratorio, aperto nel quartiere periferico torinese di Valdocco e Borgo Dora. Ai giovani immigrati e disoccupati, don Bosco cerca un lavoro nella bottega di qualche “onesto padrone”. E, se si tiene presente il momento storico, è da mettere in particolare risalto un fatto: don Bosco stipula regolari contratti di apprendistato per i suoi ragazzi. È datata l’8 febbraio 1852 la “convenzione” tra il maestro Giuseppe Bertolino e il giovane Giuseppe Odasso, nativo di Mondovì, “con l’intervento del Rev.do Sacerdote Giovanni Bosco, e coll’assistenza e fedejussione del padre di detto giovane”. Bertolino riceve Odasso “nella qualità di apprendista nell’arte di falegname” e si obbliga “di insegnargli l’arte suddetta, per lo spazio di anni due”.
Da quel momento, accanto ai ragazzi che frequentavano gli studi umanistici, i giovani artigiani occuperanno un posto sempre più rilevante nella casa annessa all’Oratorio di Torino e in altre case salesiane italiane: Sampierdarena-Genova e San Benigno Canavese; e, ancora durante la vita del fondatore, nelle case aperte fuori di Italia: Ateliers professionnels de l’Association du Patronage St-Pierre a Nizza (1875) e Orphelinat Saint-Gabriel a Lilla (1884), in Francia; Talleres di Buenos Aires (1877) in Argentina, Talleres salesianos (1884) di Sarriá, in Spagna. La strada percorsa dai primi “laboratori” di Valdocco alle “scuole di arti e mestieri” fino alle “vere scuole professionali” salesiane in tutti i continenti è stata lunga e non priva di incertezze e di difficoltà.
“Io non voglio che i miei figli siano enciclopedici; non voglio che i miei falegnami, fabbri, calzolai siano avvocati; né che i tipografi, i legatori e i librai si mettano a farla da filosofi e da teologi. A me basta che ognuno sappia bene quello che lo riguarda; e quando un artigiano possiede le cognizioni utili ed opportune per esercitare la sua arte, ne sa quanto è necessario per rendersi benemerito della società”(Don Bosco) .
La Società Salesiana, nel Capitolo generale II, 1880 si propone l’accogliere ed educare questi giovanetti, “d’allevarli in modo che, uscendo dalle nostre case compiuto il loro tirocinio, abbiano un mestiere onde guadagnarsi onoratamente il pane della vita, siano bene istruiti nella religione ed abbiano le cognizioni scientifiche opportune al lor stato”
Ancora oggi in tutto il mondo ci sono scuole professionali che per i giovani sono “Coi tempi e con don Bosco”. In queste parole è racchiuso gran parte di ciò che forma la caratteristica dello spirito salesiano. “Non v’ha quindi dubbio che se noi Salesiani vogliamo lavorare proficuamente a vantaggio dei figli del popolo, dobbiamo anche noi muoverci e camminare col secolo, appropriandoci quello che in esso v’ha di buono, anzi precedendolo, se ci è possibile, sulla strada dei veraci progressi, per potere, autorevolmente ed efficacemente, compiere la nostra missione.”
A Vasto tutto cominciò così
Nel 1959 la Cassa per il Mezzogiorno disponeva di un fondo pari a L. 103 milioni per la costruzione di un Centro Professionale di Stato e di L. 17 milioni per l’attrezzatura per l’istruzione nel settore dell’edilizia” (dalla Cronaca della Casa Salesiana di Vasto, 1966-1970). Per interessamento del Sen. Avv. Giuseppe Spataro, la Cassa per il Mezzogiorno fece l’offerta ai Salesiani per la realizzazione di un centro professionale a Vasto. Il 14 settembre 1961 fu posta la prima pietra sul terreno di circa 30 mila mq. donato dal Comm. Carlo Della Penna.
Il 13 ottobre 1966 i primi salesiani, “il Direttore della nuova Casa Salesiana di Vasto, don Marino Marinelli, insieme al confratello don Stella Sidney e al coadiutore Roberto Calcaterra sono giunti in questa nuova opera, in silenzio, in povertà, ma pronti a lavorare con lo stile di Don Bosco”.
Negli anni 1967-68 si avviano i primi corsi professionali che integrano le realtà scolastiche esistenti sul territorio e che rispondono ad esigenze di formazione maggiormente avvertite nel territorio. Il 14 ottobre 1968 si apre ufficialmente il Centro di addestramento professionale di Vasto. “Per i quattro corsi erano presenti 94 allievi, 14 in più del necessario; … per cui ad alcuni si è dovuto dire che non c’erano posti disponibili”.
Nel 2012 in seguito a scelte regionali, i corsi professionali della sede di Vasto sono stati interrotti.
Ora grazie ad un ridisegno dei corsi concessi e delle sedi di formazione professionale, i salesiani si stanno muovendo per riattivare al più presto la sede di Vasto.
Ne daremo notizie qui.
Info importanti potrete trovarli a questo link http://cnos-fapabruzzo.it/