“Infatti, non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate”
Con Don Bosco nella Chiesa e per il Papa sempre
Carissimi amiche e amici tutti,
per una volta voglio anche io estrapolare un passo tratto dal Nuovo Testamento, in particolare dalla Seconda lettera di Pietro Apostolo (2P 1,16), per rispondere proprio a coloro che in maniera erronea e ignorante (cioè di chi ignora), ma spero non perversa e dicendosi cattolici praticanti, criticano, con fare meticoloso, teologicamente preparato (ne ho tanti dubbi di ciò) e con affermazioni socio-politiche sicuramente ponderate e avvalorate da dati certi, Papa Francesco, andando “dietro a favole artificiosamente inventate” da un modo di fare politica, che non ha niente del suo senso etimologico del termine – attenzione alla polis, al bene comune – ) ma si nutre di una faziosità e partitica, che affondano le proprie radici nel fango del populismo, del demagogismo delle false idee e promesse e della creazione di “probabili” o “intercettabili” paure della gente.
Certo devo dire che questo clima al quanto Kafkiano, paradossale e angosciante, quanto Freudianamente perturbante, è generato da certa stampa che, usando al modo di dire di un grande Vescovo a noi vicino, Don Tonino Bello, oggi salente gli onori degli altari proprio per il suo essere nella Chiesa, e paradossalmente molto simile al modus operandi di Gesù, della Chiesa primitiva e di Papa Francesco, cioè amante dei più piccoli e poveri, i diseredati della terra (migranti compresi!) – insomma al suo modo di dire di certi articoli scritti da esimi giornalisti, direttori responsabili di giornali (specialmente di quotidiani) dove offrono la propria interpretazione sugli avvenimenti più importanti della giornata: “certi articoli di fondo, hanno solo il fondo dell’articolo”. Ecco alcune testate quotidiane hanno tanto testosterone e poco cervello. E se non faccio i nomi non è per paura di incorrere in denunce, ma per non fare loro pubblicità gratuita.
Ma andiamo al sodo. Tutta questa campagna becera, sconsiderata, e mi ripeto piena di ignoranza (sempre con l’accezione etimologica suddetta), non solo fa male alla Chiesa, non solo crea divisione, e vorrei ricordare che il termine divisione in greco si traduce “Διάβολος, diábolos” Diavolo, quindi tale cosa ha il sigillo del nemico dell’uomo e di Dio, ma fa dire con i Documenti della Chiesa (vedi Concilio Vaticano II, che è un Concilio Ecumenico, cioè di tutta la Chiesa, tutti i Pastori della Chiesa e il Popolo di Dio a cui Papa Francesco fa riferimento) e a noi Salesiani attraverso le parole stesse di Don Bosco, che tali cristiani che si schierano contro la Chiesa e il Papa, sono, senza mezzi termini, FUORI DELLA CHIESA.
Ora poiché le mie parole, da “dotto ignorante”, rispetto agli “ignoranti dotti” potrebbero non essere incisive come vorrebbero, mi rifarò ai documenti sopracitati e alle parole stesse di Don Bosco. Mi esimio da fare commenti che potranno essere fatti in altra lettera se dovesse essercene ancora bisogno.
Dal Concilio Ecumenico Vaticano II – LUMEN GENTIU del 1964
I fedeli cattolici
- 14. Il santo Concilio si rivolge quindi prima di tutto ai fedeli cattolici. Esso, basandosi sulla sacra Scrittura e sulla tradizione, insegna che questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza. Solo il Cristo, infatti, presente in mezzo a noi nel suo corpo che è la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza; ora egli stesso, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo (cfr. Gv 3,5), ha nello stesso tempo confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano per il battesimo come per una porta. Perciò non possono salvarsi quegli uomini, i quali, pur non ignorando che la Chiesa cattolica è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare. Sono pienamente incorporati nella società della Chiesa quelli che, avendo lo Spirito di Cristo, accettano integralmente la sua organizzazione e tutti i mezzi di salvezza in essa istituiti, e che inoltre, grazie ai legami costituiti dalla professione di fede, dai sacramenti, dal governo ecclesiastico e dalla comunione, sono uniti, nell’assemblea visibile della Chiesa, con il Cristo che la dirige mediante il sommo Pontefice e i vescovi. Non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa, colui che, non perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col «corpo», ma non col «cuore».
Proemio
- 18. Cristo Signore, per pascere e sempre più accrescere il popolo di Dio, ha stabilito nella sua Chiesa vari ministeri, che tendono al bene di tutto il corpo. I ministri infatti che sono rivestiti di sacra potestà, servono i loro fratelli, perché tutti coloro che appartengono al popolo di Dio, e perciò hanno una vera dignità cristiana, tendano liberamente e ordinatamente allo stesso fine e arrivino alla salvezza. Questo santo Sinodo, sull’esempio del Concilio Vaticano primo, insegna e dichiara che Gesù Cristo, pastore eterno, ha edificato la santa Chiesa e ha mandato gli apostoli, come egli stesso era stato mandato dal Padre (cfr. Gv 20,21), e ha voluto che i loro successori, cioè i vescovi, fossero nella sua Chiesa pastori fino alla fine dei secoli. Affinché poi lo stesso episcopato fosse uno e indiviso, prepose agli altri apostoli il beato Pietro e in lui stabilì il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell’unità di fede e di comunione. Questa dottrina della istituzione, della perpetuità, del valore e della natura del sacro primato del romano Pontefice e del suo infallibile magistero, il santo Concilio la propone di nuovo a tutti i fedeli come oggetto certo di fede. Di più proseguendo nel disegno incominciato, ha stabilito di enunciare ed esplicitare la dottrina sui vescovi, successori degli apostoli, i quali col successore di Pietro, vicario di Cristo e capo visibile di tutta la Chiesa, reggono la casa del Dio vivente.
Il collegio o corpo episcopale non ha però autorità, se non lo si concepisce unito al Pontefice romano, successore di Pietro, quale suo capo, e senza pregiudizio per la sua potestà di primato su tutti, sia pastori che fedeli. Infatti il Romano Pontefice, in forza del suo Ufficio, cioè di Vicario di Cristo e Pastore di tutta la Chiesa, ha su questa una potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente. D’altra parte, l’ordine dei vescovi, il quale succede al collegio degli apostoli nel magistero e nel governo pastorale, anzi, nel quale si perpetua il corpo apostolico, è anch’esso insieme col suo capo il romano Pontefice, e mai senza questo capo, il soggetto di una suprema e piena potestà su tutta la Chiesa sebbene tale potestà non possa essere esercitata se non col consenso del romano Pontefice. Il Signore ha posto solo Simone come pietra e clavigero della Chiesa (cfr. Mt 16,18-19), e lo ha costituito pastore di tutto il suo gregge (cfr. Gv 21,15 ss); ma l’ufficio di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro (cfr. Mt 16,19), è noto essere stato pure concesso al collegio degli apostoli, congiunto col suo capo (cfr. Mt 18,18; 28,16-20). Questo collegio, in quanto composto da molti, esprime la varietà e l’universalità del popolo di Dio; in quanto poi è raccolto sotto un solo capo, significa l’unità del gregge di Cristo. In esso i vescovi, rispettando fedelmente il primato e la preminenza del loro capo, esercitano la propria potestà per il bene dei loro fedeli, anzi di tutta la Chiesa, mente lo Spirito Santo costantemente consolida la sua struttura organica e la sua concordia. La suprema potestà che questo collegio possiede su tutta la Chiesa, è esercitata in modo solenne nel Concilio ecumenico.
- 23. L’unità collegiale appare anche nelle mutue relazioni dei singoli vescovi con Chiese particolari e con la Chiesa universale. Il romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli.
La funzione d’insegnamento dei vescovi
- 25. Tra i principali doveri dei vescovi eccelle la predicazione del Vangelo. I vescovi, infatti, sono gli araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli; sono dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita, la illustrano alla luce dello Spirito Santo, traendo fuori dal tesoro della Rivelazione cose nuove e vecchie (cfr. Mt 13,52), la fanno fruttificare e vegliano per tenere lontano dal loro gregge gli errori che lo minacciano (cfr. 2 Tm 4,1-4). I vescovi che insegnano in comunione col romano Pontefice devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità; e i fedeli devono accettare il giudizio dal loro vescovo dato a nome di Cristo in cose di fede e morale, e dargli l’assenso religioso del loro spirito. Ma questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla « ex cathedra ». Ciò implica che il suo supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall’insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi.
Questa infallibilità, della quale il divino Redentore volle provveduta la sua Chiesa nel definire la dottrina della fede e della morale, si estende tanto, quanto il deposito della divina Rivelazione, che deve essere gelosamente custodito e fedelmente esposto. Di questa infallibilità il romano Pontefice, capo del collegio dei vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli che conferma nella fede i suoi fratelli (cfr. Lc 22,32), sancisce con atto definitivo una dottrina riguardante la fede e la morale. Perciò le sue definizioni giustamente sono dette irreformabili per se stesse e non in virtù del consenso della Chiesa, essendo esse pronunziate con l’assistenza dello Spirito Santo a lui promessa nella persona di san Pietro, per cui non hanno bisogno di una approvazione di altri, né ammettono appello alcuno ad altro giudizio. In effetti allora il romano Pontefice pronunzia sentenza non come persona privata, ma espone o difende la dottrina della fede cattolica quale supremo maestro della Chiesa universale, singolarmente insignito del carisma dell’infallibilità della Chiesa stessa. L’infallibilità promessa alla Chiesa risiede pure nel corpo episcopale quando esercita il supremo magistero col successore di Pietro. A queste definizioni non può mai mancare l’assenso della Chiesa, data l’azione dello stesso Spirito Santo che conserva e fa progredire nell’unità della fede tutto il gregge di Cristo.
Quando poi il romano Pontefice o il corpo dei vescovi con lui esprimono una sentenza, la emettono secondo la stessa Rivelazione, cui tutti devono attenersi e conformarsi, Rivelazione che è integralmente trasmessa per scritto o per tradizione dalla legittima successione dei vescovi e specialmente a cura dello stesso Pontefice romano, e viene nella Chiesa gelosamente conservata e fedelmente esposta sotto la luce dello Spirito di verità. Perché poi sia debitamente indagata ed enunziata in modo adatto, il romano Pontefice e i vescovi nella coscienza del loro ufficio e della gravità della cosa, prestano la loro vigile opera usando i mezzi convenienti però non ricevono alcuna nuova rivelazione pubblica come appartenente al deposito divino della fede.
Adesso ci lasciamo guidare invece dalle parole di Don Bosco. Solo per esplicitazione i numeri in “Romano” e quelli “Arabi” con la sigla MB stanno a significare MEMORIE BIOGRAFICHE, Tomo e Pagina. Ma certamente voi tutti sapete cosa sono le Memorie Biografiche perché vi siete letti tutti i soli “19 volumi” della Memorie, come avete letto tutti i Documenti della Chiesa. Veniamo a Don Bosco.
“Qualunque fatica è poca quando si stratta della Chiesa e del Papato”. MB V 557
“Siate intimamente persuasi di queste grandi novità: dove c’è il successore di San Pietro, là c’è la vera Chiesa di Gesù Cristo. Niuno trovasi nella vera religione se non è cattolico, niuno è cattolico senza il Papa”. MB IV,226.
“La religione di Gesù Cristo trovasi solamente nella chiesa cattolica: nessuno è cattolico senza il Papa, guai a chi si separa da questo capo supremo! Egli è fuori da quella religione, che unica può condurre a salvezza. Chi non ha la chiesa per Madre non può avere Dio per Padre”. MB V,153.
“Siccome é un cattivo figlio colui che censura la condotta si suo padre, così é un cattivo cristiano colui che censura il Papa, che é il padre dei cristiani che sono in tutto il mondo”. MB IV 55
“Quando un autore scrive poco bene del papa, sappiate che il suo non è libro da leggersi”.MB VII,220.
“Ricordatevi che dobbiamo stringerci intorno a lui, e che la nostra salvezza sta solo col Papa e nel Papa”. MB V,577
“La preghiera del Papa è per me un comando”. MB V,874.
“La sua parola deve essere la nostra regola in tutto e per tutto”. MB VI,494.
“Il principio dell’autorità divina nel suo capo visibile, è la base di nostra santa cattolica religione”. MB VII,387.
“Scopo principale della società salesiana è sostenere l’autorità del papa”. MB VII,622; X,762,946.
“La fede per essere viva e fruttuosa deve sempre essere illuminata dal vicario di Gesù Cristo”.MB IX 280
“Raccomandò di predicare come non si possa essere attaccato a Gesù Cristo senz’esserlo in pari al suo tempo Vicario, spiegando bene che il papa è vicario di Gesù Cristo”. MB XI,117.
“Non mai alcuno dimentichi che nel papa sta il fondamento, il centro d’ogni verità la salvezza del mondo”.
Chiunque raccoglie con lui (il Papa), edifica al cielo; chi non edifica con lui disperde e distrugge fino all’abbisso. MB XII 171
“Ai giorni nostri è un bisogno speciale di cogliere ogni occasione per stringere uomini al papa e di solennizzare molto san Pietro e d’istruire il popolo sulla sua dignità”. MB XII,340.
“Il Papa sta a fondamento, è il centro d’ogni verità, la salvezza del mondo”. MB XII,641.
“Il Papa è davvero posto in un’atmosfera tutta superiore e miracolosa”. MB XII,392.
“In quanto a religione, sono col Papa, e me ne vanto”. MB XII,423.
“Ai giovanetti si faccia costantemente conoscere l’autorità del Papa che è il centro della verità”. MB XIII,498.
“Il desiderio del Papa è per me un comando”. MB XIV,577.
“Saremo ossequiosissimi alla vostra Cattedra Apostolica in tutto, in ogni tempo in ogni luogo, dove ci chiamerà il Signore”. MB XV,249.
“Il mio sistema (filosofico) è quello di professare la dottrina cattolica e seguire ogni detto, ogni consiglio, ogni desiderio del Sommo Pontefice”. MB XV,249.
“Noi dobbiamo professare al capo Supremo della Chiesa la più profonda gratitudine e la più rispettosa venerazione”. MB XV,426
“I santi voleri del sommo Pontefice per me sono un precetto”. MB XV,426.
“Figlioli miei, tenete come nemici della religione coloro che colle parole e con gli scritti offendono l’autorità del papa, e cercano di scemare l’ubbidienza ed il rispetto dovuto ai suoi insegnamenti ed ordini”. MB V,673.
“In fatto di religione io sto col Papa e col Papa intendo di rimanere da buon cattolico sino alla morte”. MB VI,679.
“2° Fuggite come la peste i cattivi compagni; cioè state lontani da tutti quei giovani che bestemmiano oppure nominano il santo nome di Dio invano; fanno o parlano di cose disoneste. Fuggite altresì quelli che parlano male di nostra santa cattolica religione, criticano i sacri ministri e soprattutto il Romano Pontefice Vicario di Gesù Cristo. Siccome é un cattivo figlio quello che censura la condotta di suo padre, così è un cattivo cristiano colui che censura il papa; che é il padre dei fedeli cristiani che sono in tutto il mondo”. MB IV,54-55.
“I salesiani sono per la difesa dell’autorità del papa, dovunque lavorino, dovunque si trovino”. MB XVIII,491.
(don Franconia) “Nel 1862 furono emessi i voti… tra i quali c’era io stesso. Ricordo che allora disse queste parole: che noi dovevamo considerarci come soldati della Chiesa e del Papa. Sm.289, 280.
“La parola del papa deve essere la nostra regola in tutto e per tutto”. MB VI,494.
Comunque se qualcuno avesse ancora dubbi da che parte stiano i SALESIANI, riporto qui tre frasi di Don Bosco che io, ma ne sono CERTISSIMO OGNI SALESIANO del mondo le fa sue.
“In quanto a religione, sono col papa, e me ne vanto”. MB XII,423.
“La parola del papa deve essere la nostra regola in tutto e per tutto”. MB VI,494.
“I salesiani sono per la difesa dell’autorità del papa, dovunque lavorino, dovunque si trovino”. MB XVIII,491.
Per concludere: chi esprime certi giudizi sul Papa si ricordi che le cose vanno conosciute (teologicamente) e che hanno pieno diritto di parlare solo coloro che in varie maniere si donano al “qualsiasi prossimo” (il cristiano è l’uomo della carità e non del BLA BLA BLA). E quei cristiani cattolici, che giudicano la Chiesa e il suo Pastore mettono a serio rischio la loro anima e loro salvezza eterna, ben sapendo che la Chiesa non è una istituzione umana, ma Divina, poiché scaturisce dal Costato trafitto di Cristo in Croce (Gv 19,34) e che il suo Pastore terreno è stato istituito da Cristo (Giovanni 21). Quel pastore peccatore, umile, povero, extracomunitario, quel pastore che era Pietro e che è “nauta et auriga” della fragile Navicella della Chiesa. Tali cattolici se continuano ad andare dietro a “favole artificiosamente inventante” sono fuori dalla Chiesa e sono loro gli eretici, gli apostati e i bestemmiatori.
Con grande affetto don Max … e VIVA IL PAPA